Dall’1 al 7 ottobre 2022, in tutto il mondo, si celebra la Settimana mondiale per l’allattamento, promossa dall’Organizzazione mondiale della sanità per rimarcare l’importanza e il valore dell’allattamento al seno. Per questo motivo ho deciso di dedicare il primo approfondimento di questo mese all’importanza della pratica per il neonato. Allattare un neonato al seno è un gesto che, oltre a creare le basi del suo rapporto con la mamma, rappresenta un’opportunità per difendere la sua salute. Sono diversi i benefici così determinati: sia per la salute di chi si nutre sia per quella della donna (dei benefici per le mamme parleremo in un altro momento). La pratica dovrebbe essere portata avanti (in maniera esclusiva) per almeno sei mesi dalla nascita di un bambino. Ma eventualmente pure oltre, in supporto al divezzamento.
Il latte materno è l’alimento più completo per il neonato
Per un neonato, infatti, non c’è alimento migliore del latte della sua mamma, all’interno del quale ci sono tutte le sostanze essenziali per assicurargli la crescita. Il latte materno produce molti benefici per il bambino: dalla corretta formazione del microbiota a un adeguato sviluppo cerebrale. Altrettanto rilevante è la funzione preventiva, dal momento che diversi studi hanno evidenziato come, nei bambini non allattati al seno, aumentano i casi di sovrappeso, obesità, diabete e aterosclerosi in età adulta. Il latte materno non ha mai la stessa composizione e la stessa consistenza durante la poppata. Per meglio adeguarsi alle necessità di crescita del neonato, nel tempo modifica la sua formula, rendendola unica e inimitabile. Quando non è disponibile o se la mamma è in cura con farmaci incompatibili con l’allattamento, il latte offerto gratuitamente dalle donatrici attraverso le banche del latte (38 in Italia) può essere considerato come un’alternativa percorribile.
La posizione giusta per allattare
Per una corretta iniziazione alla pratica dell’allattamento al seno, occorre individuare la posizione più idonea al seno materno durante la poppata. La più nota è la posizione «a culla»: consiste nel sedersi dritte con il bambino posizionato di lato, la sua testa e il suo collo appoggiati lungo l’avambraccio della mamma e il suo corpo contro la pancia, in una posizione «pancia-verso-mamma». Mentre la posizione più adatta ai bambini che soffrono di reflusso gastroesofageo o alle mamme con un forte riflesso di emissione di latte è l’«Australian position», in cui la madre è seduta e il bambino in posizione verticale. Per avere più chiare queste indicazioni, rimando comunque a un video preparato dagli specialisti dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma. Subito dopo il parto, inoltre, occorre favorire il «rooming-in», pratica ospedaliera di lasciare il neonato in camera con la propria madre durante tutta la degenza, in modo da rendere possibile l’allattamento a richiesta. Gli eventuali controlli clinici e strumentali devono avvenire nella stessa stanza, senza interferire con l’allattamento al seno.
Quante poppate al giorno?
Per favorire la produzione di latte è possibile adottare alcune tecniche di rilassamento: oltre che massaggiare brevemente i seni qualche minuto prima della poppata. Si tratta di passaggi semplici e molto importanti, perché utili a prevenire dolori al seno e la stasi del latte con le relative conseguenze come ragade, dotto ostruito, ingorgo e mastite. Quando si allatta non ci sono orari prestabiliti soprattutto durante il primo mese, perché il bambino si attacca al seno per svariati motivi come bisogno di fame, di coccole e di contatto. Lo stesso vale per la durata delle poppate. Si consiglia inoltre di sostenere l’allattamento notturno, perché aiuta ad aumentare la quantità di latte prodotta. Allattare da sdraiate ha diversi benefici: previene ingorghi mammari e dotti ostruiti, aiuta il bambino a poppare meglio perché è più rilassato e assume una maggiore quantità dell’ormone della crescita, fondamentale per lo sviluppo del bambino. In linea generale è comunque importante allattare il bambino a richiesta, senza porre limiti al numero e alla durata delle poppate. Cogliendo i segni precoci di ricerca del seno (fame), più che attendere il pianto come espressione di appetito. Ciò faciliterà la fisiologia della lattazione. L’uso del ciuccio per il bambino allattato al seno va evitato durante tutto il periodo in cui l’allattamento al seno deve consolidarsi. L’eventuale offerta del ciuccio va presa in considerazione a partire dalla 3°-4° settimana di vita, come intervento di prevenzione per la morte improvvisa in culla (Sids), anche se in realtà nessuno degli studi sull’associazione fra uso del ciuccio e la Sids riporta un effetto protettivo tanto evidente quanto quello dell’allattamento al seno.
Quando ricorrere al latte artificiale?
Nei primi giorni di vita, anche quando il neonato può avere ittero e necessitare di fototerapia, l’allattamento al seno deve essere mantenuto. Per i bambini più esigenti, spesso si tende a richiedere la famosa aggiunta di latte artificiale. Ma eventuali piccole aggiunte vanno prescritte solo previa valutazione delle condizioni del bambino, dell’entità del calo di peso e la reale possibilità della mamma di rispondere alle esigenze del piccolo. Il calo di peso medio alla nascita (calo fisiologico) è circa il cinque per cento con un massimo ancora accettabile del dieci per cento. In caso di necessità, la prima scelta di integrazione deve sempre ricadere sul latte materno estratto. In alternativa, se presenti sul proprio territorio, si possono interpellare le banche del latte umano donato (tra le fonti riporto il link alla mappa di quelle presenti in Italia). Va inoltre previsto un controllo di peso con verifica dell’allattamento a 24-72 ore dalla dimissione dal nido. Per questo è opportuno che operatori competenti del punto nascita, dei consultori, ginecologi e pediatri di libera scelta o gruppi di aiuto mamma a mamma siano a disposizione di tutte le mamme, soprattutto nella prima settimana di vita del bambino, per essere di sostegno nell’avvio dell’allattamento al seno. Il recupero del peso neonatale di un bimbo allattato esclusivamente al seno, avviene solitamente entro i 14 giorni di vita. In generale, il latte artificiale deve essere impiegato solo in quei casi in cui c’è assenza di latte materno o è riscontrata una malattia della madre per cui è sconsigliato l’allattamento, o per rispetto della volontà materna.
Le banche del latte
Quando il latte materno non è disponibile, in particolare nel primo periodo dopo il parto, si può ricorrere al latte umano donato. Nonostante il trattamento termico, necessario per inattivare batteri e virus, ne alteri parzialmente le proprietà biologiche e nutrizionali, il latte umano donato rappresenta la prima scelta nutrizionale subito dopo quello della propria madre. Anche nei pretermine, in cui il latte umano (rispetto all’alimentazione con formule) riduce l’incidenza di enterocolite necrotizzante e migliora la tolleranza alimentare; contribuisce alla riduzione delle sepsi e altre infezioni, previene lo sviluppo di ipertensione arteriosa e resistenza all’insulina in età adulta. Il latte materno estratto rappresenta anche la principale integrazione laddove si verifichi una condizione di eccessivo calo ponderale alla nascita e per i rari casi in cui neonati a termine, per brevi periodi, non possono alimentarsi al seno.
I falsi miti sull’allattamento al seno
Se durante l’allattamento si formano lesioni del capezzolo, per superare l’ostacolo, si può dare al bimbo il proprio latte estratto. In caso di malattie debilitanti, invece, come influenza, diarrea, coliche, infezioni urinarie, la decisione se sospendere o meno l’allattamento spetta alla mamma. In generale, però, è sempre bene evitare nel bambino una brusca interruzione. Sfatiamo anche il luogo comune che bere tanto (o bere la birra) aiuti a produrre più latte. L’allattamento inoltre non comporta un calo del visus e non va quindi proibito alle madri con miopia o altre patologie oculari. Anche l’insorgere di una nuova gravidanza, a meno di particolari fattori di rischio, non giustifica una precoce interruzione. La dipendenza del bambino da sua madre, implicita nell’allattamento materno di lunga durata, non va confusa poi con l’autonomia del bambino, che non ne risulta compromessa.
Per saperne di più:
Allattamento al seno e uso del latte materno umano – Società Italiana di Pediatria
Insieme per l’allattamento al seno – Unicef