A quasi tre anni dall’avvio dell’emergenza sanitaria, Sars-CoV-2 fa ancora parlare di sé. Il peggio, grazie ai risultati che la ricerca scientifica ha reso disponibili in pochi mesi, è ormai alle spalle. Ma questo non basta per considerarsi definitivamente al sicuro. Cosa occorre sapere per vivere con maggiore tranquillità le prossime settimane, che potrebbero essere segnate da un aumento dei contagi?
Sars-CoV-2: un nuovo picco di contagi entro dicembre?
A preoccupare, adesso, sono le sottovarianti di Omicron. In particolare una: BQ.1, già rilevata in almeno cinque Paesi del Vecchio Continente. L’ultima evoluzione del coronavirus, rinominata Cerberus, circola anche in Italia, dove si stima che abbia determinato quasi il dieci per cento dei contagi delle ultime settimane. Un dato crescente e destinato a rimanere tale. La sua contagiosità, abbinata alla crescente capacità di evadere la risposta immunitaria, lascia presagire un incremento dei casi di infezione. “Ce l’aspettiamo già per la metà di novembre”, ci ha già messo in guardia il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (Ecdc). Secondo cui”BQ.1 diverrà la variante più diffusa entro i primi di dicembre”. Probabilmente non da sola, visto che già si parla già dell’avvento di un’altra variante, Gryphon.
Covid-19: con Cerberus rischio basso di malattie gravi
Per quanto osservato fino a questo momento, Cerberus non sembra determinare l’insorgere di una malattia più grave. Come fatto già dai suoi predecessori, l’ultima evoluzione di Sars-CoV-2 si è però ulteriormente specializzata nell’eludere l’azione di anticorpi e linfociti T, i “soldati” del sistema immunitario rinvigoriti nel tempo dalle vaccinazioni e dai precedenti contagi. Questa caratteristica, prevedibile per un virus che ha come obiettivo quello di non essere soppiantato dalla convivenza con l’uomo, fa il paio con l’annullamento delle misure di prevenzione non farmacologiche.
Meglio usare ancora le mascherine nei luoghi chiusi
Il distanziamento sociale non esiste più, così come il limite alle presenze nei luoghi chiusi. A resistere – seppur soltanto nei contesti sanitari, sociosanitari e socioassistenziali – sono le mascherine. Simili condizioni, abbinate all’elevata contagiosità di Cerberus in una stagione che ci porta a stare soprattutto al chiuso, stanno determinando un incremento dei contagi. E sebbene nessuno dica che Omicron oggi faccia paura tanto quanto le prime versioni del coronavirus, sappiamo anche che all’incremento dei contagi segue sempre quello dei ricoveri. Seguito, inevitabilmente, da quello dei decessi. Per questo motivo, nei luoghi chiusi e affollati, il mio consiglio personale (ovviamente seguito in prima persona) è quello di continuare a utilizzare la mascherina FFP2.
L’importanza di rispettare il calendario vaccinale
Oltre a rimarcare la necessità di non smantellare le strutture che si occupano di effettuare i test, il tracciamento e il sequenziamento dei nuovi casi, la priorità per l’Ecdc “è rappresentata dall’accelerazione della campagna vaccinale: coinvolgendo chi non ha ancora completato il ciclo primario e coinvolgendo nei richiami tutti coloro che risulterebbero a maggior rischio in caso di contagio”.
Ovvero:
- Over 60
- Persone immunocompromesse
- Malati cronici
- Donne in gravidanza
Dovrebbero essere loro i primi – ma la vaccinazione è aperta a tutti gli over 12, su base volontaria – a dover contattare l’azienda sanitaria di riferimento per informarsi su come effettuare la terza, la quarta o la quinta dose (sì, c’è anche questa, per gli ultrafragili che hanno effettuato la quarta da più di quattro mesi). Anche perché, complice la frequenza scolastica, nelle prossime settimane inizierà a circolare con maggiore insistenza anche il virus dell’influenza. Sarà quello il momento in cui prenderà forma quello scenario di circolazione congiunta dei due principali virus. A cui potrebbero aggiungersi anche altri agenti patogeni: dal virus respiratorio sinciziale allo pneumococco, dai più comuni rhinovirus (responsabili del raffreddore) ai virus parainfluenzali.
In arrivo anche i vaccini per i più piccoli (6 mesi – 5 anni)
Una ulteriore opportunità è rappresentata dall’arrivo ormai imminente delle vaccinazioni per i più piccoli. Nelle prossime settimane, infatti, la campagna di profilassi dovrebbe essere estesa anche ai bambini di età compresa tra 6 mesi e 5 anni. L’Agenzia Italiana del Farmaco dovrà presto stabilire come allargare la campagna vaccinale contro Covid-19 ai più piccoli. Presumibilmente se ne occuperanno i pediatri di libera scelta, che proprio in questi giorni stanno iniziando a contattare le famiglie per somministrare la vaccinazione antinfluenzale (nessun problema a effettuare le due vaccinazioni contestualmente, purché su braccia diverse). La comunità scientifica è concorde nel raccomandare anche la profilassi contro Sars-CoV-2. Servirà però convincere le famiglie, considerando che già il dato medio nazionale di adesione relativo alla fascia 5-11 anni è di molto inferiore a quello atteso (35,2%).
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