In questi giorni intensi, confusi e di cambiamento, cerchiamo tutti di capire cosa sia meglio fare e come sia meglio comportarci. Siamo in una situazione di emergenza che coinvolge l’intera comunità e ci muoviamo con l’attenzione che ci viene richiesta. Siamo genitori a cui viene chiesto lo sforzo di adattarci a un cambiamento improvviso e inaspettato. Questo rende difficile comprendere, legittimare e adattarsi. Vediamo, nello specifico, cosa succede quando si impatta con un evento la cui portata è fuori dal nostro controllo, qualcosa che letteralmente ci sovrasta.
Il cambiamento improvviso che riguarda i nostri affetti, le nostre emozioni, i nostri pensieri, e di conseguenza i nostri comportamenti, ci rende vulnerabili. La vulnerabilità ci espone alla criticità degli eventi e aumenta la nostra percezione del pericolo. Ci sentiamo maggiormente esposti al pericolo e in balia degli eventi, compromettendo il nostro senso di sicurezza. Quando noi adulti non ci sentiamo al sicuro finiamo con il trasmettere questa incertezza anche ai bambini, che ne restano condizionati.
La nostra vulnerabilità diventa anche la loro. La differenza sta nella modalità di reazione: mentre noi adulti ci lasciamo coinvolgere e condizionare dai nostri vissuti, loro semplicemente vivono il momento. Questo consente loro di non avere reazioni che durano a lungo. Non sono proiettati verso il futuro e non sono ancorati al passato, semplicemente sono nel qui e ora. Vivono l’emozione del momento e la esternano come possono. Questo ci spiega come mai i bambini vivono le emozioni in modo intenso, a volte esplosivo ma per lo più breve e limitato nel tempo. Questo vale anche per la sofferenza.
L’esplosività della reazione emotiva dipende molto dalla comprensione che hanno dell’evento che li colpisce: a seconda delle età, comprendono la situazione in modo diverso, legato alla maturazione cognitiva ma, in generale, la capiscono meglio se qualcuno gliela spiega, usando parole semplici e credibili.
La coerenza li guida e aiuta in momenti così difficili e incerti per tutti. Una cosa è certa: i bambini dipendono dall’adulto di riferimento. Siamo per loro la guida, che li orienta anche nella tempesta. Quando si vivono situazioni di pericolo i bambini attivano il loro bisogno di sicurezza, che cercano nelle figure di riferimento ma, quando anche queste sono esposte allo stesso evento, ecco che potrebbero perdere sicurezza in qualcuno che fornisca loro rassicurazione. I bambini hanno bisogno di essere sostenuti perché, come noi, sono vulnerabili.
Abbiamo detto che i bambini vivono le emozioni in modo diverso dall’adulto e ciò è da tenere ancor più in considerazione quando le emozioni seguono o accompagnano l’esposizione ad eventi traumatici: l’intermittenza emozionale che contraddistingue i bambini si evidenzia anche e soprattutto nelle situazioni di stress.
Possiamo assistere a crisi improvvise di pianto e scoppi d’ira seguiti da momenti di gioco e tranquillità. Questo può succedere anche mentre i bambini continuano nella quotidianità, oggi modificata e riadattata, e può trarre in inganno l’adulto, nel ritenere che il bambino non stia soffrendo per la situazione, solo perché gioca apparentemente tranquillo.
“Spesso, a intermittenza, i bambini possono entrare pienamente nel gioco per poi avere altre finestre di preoccupazione aperte (incubi notturni, paure improvvise, ecc.). In seguito all’esposizione a un evento critico i bambini possono provare numerosi stati emotivi: tristezza, colpa, rabbia, paura, confusione e ansia dovuti anche al protrarsi della condizione di isolamento e allo sconvolgimento dei normali ritmi quotidiani. Possono anche sviluppare reazioni somatiche, come disturbi fisici (mal di testa, mal di pancia, possono ammalarsi più frequentemente). Vi sono marcate differenze individuali nella comparsa, nella durata e nell’intensità di queste reazioni. Il processo di elaborazione è soggettivo: è possibile che in alcuni bambini compaia solo una di queste reazioni, mentre in altri ne compaiano diverse di esse, magari contemporaneamente o nell’arco di un giorno o in un arco temporale più lungo” (Associazione Emdr Italia)
Le emozioni sono le protagoniste di questo periodo ed è controproducente reagire tentando di negarle. Ricordiamoci che i bambini sono come spugne e assorbono ciò che arriva loro dall’ambiente circostante. Ciò significa che è meglio cercare di essere sinceri con se stessi e con loro piuttosto che nascondere ciò che sta accadendo.
È faticoso provare a nascondere, comporta un elevato dispendio di energie, energie di cui oggi più che mai abbiamo bisogno. Riconoscere le nostre difficoltà è il primo passo, ricordiamoci che siamo esseri umani e, in quanto tali, vulnerabili agli eventi stressanti. Riconoscere è il primo passo per legittimare un’emozione oltre che una richiesta di aiuto.
A questo proposito condividiamo l’elenco, stilato dall’Associazione EMDR Italia, delle reazioni più comuni che accompagnano i momenti difficili come quello che stiamo vivendo:
Ecco le reazioni più comuni, tenendo presente che queste sono reazioni normali soprattutto nella fase di cambiamento delle abitudini!
A. Spesso lo stress si manifesta in forma di rabbia e irritabilità che può essere diretta alle persone più vicine a loro (genitori, amici). Bisogna tenere presente che la rabbia è un sentimento sano e può essere espressa in modo accettabile.
B. La noia può essere diretta alla fatica di mantenere i ritmi diversi di attività scolastiche a distanza. Bisogna tenere presente che lo sconvolgimento degli ambienti può generare confusione e fatica a seguire le indicazioni: rassicurate e spiegate al bambino che è utile adottare questi comportamenti per proteggersi e che sono stati scelti dagli esperti.
C. Il dolore si esprime attraverso il comportamento: in base all’età è possibile che i bambini non esprimano verbalmente le proprie preoccupazioni. Possono diventare irritabili, avere problemi di concentrazione, giocare con videogiochi, inscenare momenti dell’evento al quale hanno assistito, disegnare immagini che rimandano i temi ascoltati sul contagio. Potrebbero manifestare nuove paure o comportamenti tipici di fasi precedenti della crescita: tornare a fare cose che erano appartenenti a precedenti fasi o riproporre giochi
che facevano quando erano più piccoli.
D.Difficoltà nel dormire e/o difficoltà nell’alimentazione: fatica ad addormentarsi, risvegli e incubi frequenti oppure ipersonnia, in altre parole dormire molte più ore.
E. Mancanza di energie: affaticamento, difficoltà nelle interazioni sociali e tendenza a isolarsi.
F. Maggior bisogno di attenzione da parte del genitore o delle figure di riferimento: i bambini possono fare molta più fatica a distaccarsi dalle figure di riferimento, perché temono che possa accadere loro qualcosa di brutto, o che possa anche ad essi capitare.
Reazioni normali, reazioni legittime. Così come è legittimo che un genitore sia in difficoltà e fatichi a confrontarsi con queste reazioni. La difficoltà più grande è proprio quella di adattarsi a una realtà improvvisamente modificata, all’interno della quale il ruolo di genitore è reso ancora più difficile dalla mancanza di energie che spesso interviene. In situazioni come queste si avvia spesso una vera e propria lotta, che aumenta la confusione. La lotta, che frequentemente facciamo con i nostri pensieri e con le nostre emozioni, ci affatica. Non sapere come comportarsi può portare a una maggiore confusione, all’interno della quale risulta più difficile riuscire ad orientarci.
Per questo motivo è molto utile fermarsi, prendersi uno spazio per sé, all’interno del quale provare a distanziarsi, a prendere cioè un po’ le distanze dalle continue sollecitazioni esterne. Fermarsi, osservare il ritmo del nostro respiro, restare ancorati ad esso per un po’, può aiutarci davvero tanto in questi momenti. Può aiutarci a non giudicare e stare con i nostri sentimenti, qualunque essi siano. Stare con le emozioni difficili è faticoso, riconoscere quale stiamo vivendo può esserlo ancor di più. Riconoscere, però, è il primo passo per legittimare l’emozione ed è fondamentale perché ci permette di identificare e legittimarla anche nei nostri figli. Utilizziamo questi momenti per provare ad allenarci alle emozioni. Condividiamo i nostri sentimenti e proviamo a riconoscere quelli dei nostri bambini. Proviamo a farlo senza giudizio: “Capisco la tua tristezza” invece di “Non devi essere triste” crea vicinanza e comprensione perché implica il riconoscimento dell’altro, che non viene ignorato. Questo ci consentirà di agire nel modo più utile per noi e per i nostri bambini.
Riportiamo di seguito un altro elenco, stilato dall’Associazione EMDR Italia, con utili indicazioni sui comportamenti da tenere con i bambini:
1. Dire la verità attenendosi ai fatti
Non cercare di far finta che l’evento non sia accaduto, né cercare di banalizzarlo. I bambini sono osservatori attenti e si preoccuperanno di più se percepiranno incongruenze. Non alleggerire, né fare congetture su ciò che è accaduto e su ciò che sarebbe potuto accadere. Non dilungarsi sulla dimensione o sulla portata dell’incidente, in particolare con i bambini piccoli.
2. Usare parole semplici e adatte all’età
Evitiamo di sovraesporli a dettagli traumatici e lasciamo molto spazio alle domande. Se si è in difficoltà su una domanda si può prendere tempo dicendo: “La mamma non lo sa, si informa e appena avrà informazioni più accurate ti dirà tutto per bene, ok?”.
3. Illustrare ai bambini che si trovano ora al sicuro
Anche gli altri adulti importanti della loro vita lo sono. Teniamo presente le informazioni che si devono dare, sempre attenendoci alla realtà e alla verità dei fatti, utilizzando “il bicchiere mezzo pieno” (e non mezzo vuoto).
4. Ricordare che ci sono persone fidate
che si stanno occupando di risolvere le conseguenze dell’evento e stanno lavorando per assicurare che non avvengano ulteriori problemi di questo genere (“Hai visto quanti dottori stanno intervenendo? Sono tutte persone bravissime che sanno aiutare i grandi e i bambini ancora in difficoltà”).
5. Dimostrare un atteggiamento di disponibilità, vicinanza fisica
cercando di parlare con voce rassicurante, far capire ai bambini che essere preoccupati ed aver paura è normale, non negare loro i propri sentimenti, spiegare che è normale che anche gli adulti abbiano delle reazioni emotive dopo un evento così inaspettato e che tutte le reazioni sono normali e gestibili. A creare disagio non è l’espressione delle emozioni, bensì la loro soppressione. In questo modo i bambini avranno un modello di riferimento, impareranno che possono fidarsi di voi è che potranno comunicarvi i loro stati emotivi.
6. Lasciare parlare i bambini dei loro sentimenti
rassicurandoli che, anche se è tutto molto brutto, insieme le cose si possono affrontare. In questo modo per voi sarà più facile monitorare lo stato d’animo in cui si trovano e aiutarli in maniera più appropriata. Se il bambino ha crisi di rabbia, esprimere a parole i motivi della rabbia può aiutarlo ad acquisire un maggior controllo imparando a regolarla (“Sei arrabbiato? Lo sai che anche la mamma è molto arrabbiata?”).
7. Se il bambino manifesta sensi di colpa
è importante rassicurarlo sulla sua completa estraneità agli eventi (“Non è colpa tua se…”)
8. Non usate frasi come:
“So come ti senti”; “Poteva andare peggio”; “Non ci pensare”; “Sarai più forte grazie a questo”. Queste espressioni che tutti noi adulti utilizziamo per rassicurarci e rassicurare possono ostacolare la manifestazione delle emozioni e dei vissuti faticosi.
9. Non agite come se nulla stesse accadendo
Il ritorno alle proprie abitudini è quanto di più naturale e sano si possa fare, finché questo non avverrà occorre rassicurare e mantenere per quanto possibile la routine familiare.
10. Non lasciate i bambini da soli davanti alla TV o alla radio
Le persone esposte hanno il naturale bisogno di capire e di dare un significato all’accaduto e per questo passano molto tempo a ricercare notizie in TV, internet e radio. È importante che i bambini non siano mai lasciati soli nei momenti in cui si vedono trasmissioni che riguardano l’evento. Non negate la possibilità di vedere le notizie, scegliete un momento durante il giorno o dieci minuti per consultare insieme (selezionando prima le notizie), stare accanto spiegando esattamente cosa stanno ascoltando e le immagini. Concentrate l’attenzione sui dettagli più rassicuranti (ad esempio i medici che stanno aiutando) e date, in seguito, tutto il tempo necessario affinché il bambino possa fare domande.
Le reazioni da stress sono normali, lo abbiamo accennato. È importante riconoscere quando faticano a rientrare. In questi casi può essere utile chiedere aiuto per poter gestire al meglio la specifica difficoltà.
Pur nella grande negatività di ciò che ci sta capitando, cerchiamo di trascorrere in modo costruttivo il tempo insieme. Ad esempio leggendo insieme, in modo diverso a seconda delle varie età dei figli, ma anche promuovendo e condividendo disegni, giochi ed attività “manuali”, tutto ciò è molto utile per la salute e lo sviluppo intellettivo, linguistico, emotivo e relazionale del bambino, con effetti significativi anche
nella vita adulta.
Dott.ssa Marta Flaccadori
Psicologa e Psicoterapeuta
Prof. Massimo Agosti
Neonatologo e Pediatra