I miei canali social

Prevenzione e cura: l’attività fisica è “alleata” contro il tumore al seno

ragazza che fa stretching al parco di spalle

Indice

Lo sport come un valido strumento di prevenzione. Ma pure un altrettanto efficace supporto, in corso di malattia. Fare attività fisica serve prima, per mantenersi in forma ed evitare di imbattersi in quelle condizioni (sovrappeso, diabete) che possono aumentare il rischio di ammalarsi. La pratica sportiva è utile però anche se ci si è ammalati di cancro, durante e dopo le terapie. Se le condizioni fisiche lo permettono, naturalmente. Anzi. La giusta dose di fitness può migliorare in maniera significativa i sintomi e la qualità della vita dei pazienti oncologici. Sono numerose, ormai, le evidenze in questo senso. La maggior parte delle quali raccolte tra le donne che hanno avuto un tumore al seno. È soprattutto su questa malattia – ottobre è il mese dedicato alla prevenzione della più diffusa forma di cancro – che ci concentreremo per valutare i benefici dell’attività fisica.

Attività fisica e cancro: una relazione sempre più stretta

Il binomio tra attività fisica e cancro è sempre più saldo, a suon di pubblicazioni scientifiche. Il trait d’union è con ogni probabilità il nostro sistema immunitario, che viene potenziato dalla pratica sportiva e risulta dunque maggiormente in grado sia di rispondere in maniera più efficace agli attacchi che piovono dall’esterno (nella persona sana) sia di ridurre la massa tumorale (nel paziente oncologico). Al punto che oggi l’impatto dell’attività fisica sulle malattie oncologiche è un argomento di elevato interesse e con abbondante letteratura. Sono state avanzate numerose ipotesi su tale correlazione, ma tuttora non si conoscono gli esatti meccanismi con cui la pratica sportiva abbia un impatto su forme tumorali diverse.

Sport e prevenzione oncologica: cosa ci dice la scienza?

Sono i tumori al seno e al colon-retto quelli che sembrano godere del maggiore beneficio: sia in chiave preventiva sia di esito della malattia. Ma rispetto alla prima esigenza, vista la capacità di regolare il peso corporeo, la pratica sportiva s’è finora rivelata un valido antidoto nei confronti di altri undici diversi tipi di tumore: all’esofago, al fegato, al polmone, al rene, allo stomaco, all’endometrio, alla testa e al collo e alla vescica. Sono questi gli organi che negli sportivi risultano meno colpiti da neoplasie, cui occorre aggiungere una minore incidenza di mieloma multiplo e leucemie mieloidi. Un’ulteriore conferma è giunta da una ricerca pubblicata sulla rivista «Jama Internal Medicine» che ha passato in rassegna gli esiti di 12 studi europei e statunitensi, condotti tra il 1987 e il 2004, col coinvolgimento di 1,4 milioni di persone. Poco meno di 187mila le diagnosi di cancro conteggiate, ma la loro diffusione non era omogenea, dopo aver preso in considerazione la variabile (auto riferita) dell’attività sportiva. Tra i più «attivi», infatti, è stato conteggiato un numero minore di nuove diagnosi (incidenza) di adenocarcinoma dell’esofago (-42%), tumore del fegato (-27%), del polmone (-26%), del colon (-16%), del rene (-23%), dello stomaco (-22%), dell’endometrio (-21%), del distretto testa-collo (-15%), del retto (-13%), della vescica (-13%) e della mammella (-10%), di leucemie mieloidi (-20%) e mieloma (-17%). Soltanto rispetto a due tumori – quello della prostata (+5 %) e il melanoma (+27%) – lo sport non ha mostrato alcun effetto protettivo, ma anzi le persone più votate al movimento risultavano più esposte alla malattia. Un riscontro che può essere ricondotto alla maggiore esposizione ai raggi solari, da parte degli sportivi che prediligono sudare all’aria aperta.

I benefici dell’attività fisica nelle donne con un tumore al seno

In passato ai pazienti veniva spesso raccomandato di riposare durante il trattamento, ma nel tempo l’evidenza scientifica ci ha portato a ribaltare l’approccio. Al punto che l’evidenza, portata alla luce negli ultimi anni da numerosi studi scientifici, è stata sintetizzata pochi mesi addietro in un documento destinato a rappresentare uno spartiacque nella gestione dei pazienti oncologici. È stata infatti la Società Americana degli Oncologi (ASCO), alla vigilia del suo congresso mondiale, a ratificare l’importanza dell’attività fisica nel corso delle terapie attraverso la pubblicazione delle prime linee guida relative allo sport durante le cure oncologiche. Un punto di svolta destinato a lasciare il segno, se si pensa che ancora oggi sono in molti a considerare impossibile fare movimento se alle prese con un tumore. L’attività fisica praticata a partire dalla fase in cui ci si sottopone alla chemioterapia riduce il rischio di recidiva e di mortalità, con un’efficacia paragonabile a quella legata all’azione dei farmaci. Ma non solo. Lo sport aiuta le donne a gestire gli effetti collaterali come l’affaticamento, il dolore e la nausea e a sopportare di conseguenza meglio i trattamenti

Quale attività prediligere se si è malati di cancro?

Le linee guida suggeriscono di praticare almeno 150 minuti di attività fisica moderata, che richieda un minimo sforzo respiratorio. Fin qui la teoria, perché nella pratica, soprattutto nei malati oncologici, la valutazione deve essere ad personam. Il movimento, in questo caso, deve seguire un percorso tarato sulle proprie capacità. In linea generale – sulla base di quanto dimostrato finora dagli studi scientifici – si può affermare che le indicazioni più significative riguardano la pratica aerobica. In quanto il movimento aiuta a modulare il sistema ormonale ed immunitario da cui dipende, a sua volta, la modulazione della malattia oncologica. Le discipline maggiormente raccomandate sono la corsa, le pedalate e il nuoto: da praticare con una frequenza di 120’-150’ alla settimana. Questo non vuol dire però che siano alla portata di tutti né che altre risultino vietate a priori.

No al fai-da-te, sì alle indicazioni cucite su misura della paziente

Proprio perché considerata un vero e proprio farmaco, l’attività fisica deve essere dosata personalizzata. Ecco perché oggi sono necessari ospedali in grado di avere un team integrato di professionisti che guardi oltre i trattamenti convenzionali in uso contro i tumori. Dati ufficiali relativi all’Italia non ce ne sono, ma sondando il terreno ci si rende conto che gli istituti di cura non offrono alcun percorso ad hoc per i pazienti e sono ancora pochi gli oncologi che battono su questo tasto. È in queste condizioni «protette», con allenamenti incentrati su una serie di esercizi aerobici e sul potenziamento della forza muscolare, che le pazienti coinvolte nei sempre più numerosi studi condotti in questo ambito mostrano una migliore tolleranza dei sintomi della malattia, della fatica generata dalle cure oncologiche e fanno registrare una ridotta perdita di massa muscolare.

Cosa mangiare durante le terapie oncologiche?

Nelle ultime linee guida statunitensi dedicate all’attività fisica durante le terapie oncologiche, l’attenzione è stata puntata anche sulla dieta: un altro degli elementi che possono agire a supporto delle terapie oncologiche. E a cui sono gli stessi pazienti a guardare con attenzione: anche coloro che prima di ammalarsi non ci prestavano molta attenzione. Durante le terapie oncologiche – è la raccomandazione degli specialisti d’Oltreoceano – non è il caso di sposare diete «estreme». Come tali, gli esperti considerano la chetogenica, quelle a basso contenuto di carboidrati e grassi, il digiuno intermittente e il ricorso a integratori. In questo caso vige il buon senso, anche in ragione dei pochi studi disponibili. Uno schema alimentare vario ed equilibrato rimane indicato ai fini del mantenimento del peso corporeo: alla stregua di quanto oggi si raccomanda alla popolazione generale. In rete i pazienti possono trovare diverse guide affidabili: come quelle redatte dalla Fondazione Umberto Veronesi e dall’Associazione Italiana Malati di Cancro (AIMAC), i cui riferimenti troverete in calce all’articolo. Detto ciò, anche in questo caso occorre che le indicazioni siano personalizzate. E tengano conto quanto meno delle condizioni di partenza di un paziente, dell’effetto delle terapie sullo stesso e della prospettiva di vita.

Il 22 ottobre torna la Pittarosso Pink Parade di Fondazione Umberto Veronesi

In sintesi, per fare in modo che rimanga scolpito nella vostra mente quanto sia importante fare sport sia in chiave preventiva sia se si è già ammalati di cancro (ma in discrete condizioni fisiche), segnalo un video appena pubblicato dalla Fondazione Umberto Veronesi, da sempre molto attenta a rimarcare l’importanza dell’attività fisica nella prevenzione oncologica. A proposito, vi lascio con due segnalazioni. La prima: il podcast realizzato con Paolo Veronesi per parlare di tutte le ultime novità riguardanti la prevenzione, la diagnosi e la cura del tumore al seno. La seconda: domenica prossima (22 ottobre) è in programma la nona edizione della Pittarosso Pink Parade, la camminata che la Fondazione organizza per raccogliere fondi da destinare alla ricerca sul più diffuso tumore femminile. Le iscrizioni sono ancora aperte (sul sito dell’evento). Un’occasione per prendersi cura della propria salute e – in prospettiva – di quella di tutte le donne.

 

Per saperne di più:

Exercise, Diet, and Weight Management During Cancer Treatment: ASCO Guideline – American Society of Clinical Oncology

Attività fisica e tumori – Le indicazioni di Fondazione AIOM

Association of Leisure-Time Physical Activity With Risk of 26 Types of Cancer in 1.44 Million Adults

Le indicazioni per fare sport dopo aver avuto un tumore – Fondazione Umberto Veronesi

Alimentazione durante le terapie oncologiche – Il quaderno di Fondazione Umberto Veronesi

La nutrizione nel malato oncologico – Associazione Italiana Malati di Cancro, Parenti e Amici (AIMAC)

Condividi sui social

Altri articoli interessanti

Cerca sul sito