Lunedì 24 ottobre si celebra la Giornata mondiale dedicata alla pasta. Un appuntamento che si celebra dal 2000 per celebrare i pregi nutrizionali di quello che è l’alimento principe della dieta mediterranea. La pasta identifica la cucina italiana nel mondo, è consumata da bambini e anziani, costituisce la base tanto di piatti semplici quanto di preparazioni complesse. È innegabile, dunque, che abbia un ruolo centrale nella nostra alimentazione.
Da dove nasce la pasta?
Nel mondo si producono 14 milioni di tonnellate di pasta ogni anno, di cui 3,4 soltanto in Italia. La filiera della pasta è rappresentata dall’insieme delle imprese che concorrono alla produzione, distribuzione e commercializzazione della pasta ottenuta dal frumento duro, acquistata dalle famiglie per il consumo domestico. Quattro sono i segmenti che la costituiscono. Si parte dalla produzione e commercializzazione della granella. Questo anello è costituito dai produttori di frumento duro, oltre che dai centri di stoccaggio, che sostengono la base produttiva ed effettuano una prima commercializzazione del prodotto agricolo di base. A questi si aggiungono i commercianti privati e le società di commercio. Il settore della prima trasformazione è costituito dalle industrie coinvolte nella molitura, il processo che provvede alla macinazione della granella di frumento duro per ottenere sfarinati. Il settore della seconda trasformazione è invece rappresentato dall’industria pastaria. Gran parte della pasta prodotta In Italia viene collocata sui mercati esteri: sia direttamente sia attraverso una rete di grossisti e intermediari. – La distribuzione e commercializzazione al dettaglio avviene in larga parte attraverso la grande distribuzione organizzata e spesso risulta gestita in maniera diretta dai grandi gruppi commerciali anche attraverso le produzioni a marchio del distributore (private label).
Lunga o corta, secca o fresca, liscia o rigata: come scegliere il formato più adatto?
Una questione importante, quando si parla di pasta, riguarda i formati. In Italia ne esistono oltre 200, suddivisi per tipologia (secca o fresca), formato (lunga o corta) e superficie (liscia o rigata). Di seguito alcuni esempi:
Pasta lunga:
- Spaghetti
- Vermicelli
- Tagliatelle
- Linguine
- Ziti
- Fettuccine
- Bucatini
- Scialatielli
Pasta corta:
- Penne
- Fusilli
- Maccheroni
- Mezze maniche
- Tubetti
- Penne
- Sedanini
Pasta minuta o pastina per minestre:
- Quadrucci
- Stelline
- Ditalini
- Risoni
Pasta ripiena:
- Ravioli
- Tortellini
- Calzoni
- Agnolotti
- Cannelloni
Smentiamo un falso mito: la pasta non fa ingrassare
La pasta mantiene un ruolo di primo piano sulla tavola della maggior parte degli italiani. I consumatori abituali (tutti i giorni o quasi) sono soprattutto uomini. Un dato che, con ogni probabilità, si può attribuire all’errata convinzione che la pasta, insieme ad altri alimenti ricchi di carboidrati, possa essere tra le cause principali dell’aumento del peso corporeo. Come ampiamente dimostrato dagli studi clinici, però, non è il consumo di alimenti ricchi di carboidrati a promuovere l’aumento ponderale. Quanto l’eccesso di assunzione calorica, che non rispetta una delle regole fondamentali della corretta alimentazione: la frugalità. Il consumo oculato di pasta, per quantità e numero di occasioni settimanali, è un elemento positivo se inserito all’interno di uno schema alimentare corretto. La ricerca nazionale, d’altra parte, ha già approfondito il ruolo della pasta come parte di una dieta corretta. Basti citare i risultati più recenti dei Progetti Moli-sani e INHES (Italian Nutrition and HEalth Survey), coordinati dall’IRCCS Neuromed di Pozzilli, che hanno coinvolto oltre ventitremila persone adulte. Analizzando i dati antropometrici dei partecipanti (peso, altezza, girovita) e i livelli di consumo dei diversi alimenti, si è messo in luce che l’assunzione di pasta era correlata addirittura con un minor indice di massa corporea e con una minore circonferenza addominale.
Quanta se ne può consumare? Le indicazioni della Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU)
Le dimostrazioni del ruolo positivo della pasta all’interno di uno schema dietetico bilanciato poggiano su basi solide. Stiamo parlando infatti di un alimento con un buon profilo nutrizionale. Il suo contributo all’apporto energetico si basa principalmente sui carboidrati complessi (amido) e sulle proteine, ma va ricordato che la pasta veicola anche vitamine e minerali presenti nel grano duro. Non c’è dubbio che il suo consumo vada valutato nel contesto generale dell’apporto di amidi con la dieta, in cui alimenti di comune consumo, come pane, riso e patate che, nel loro complesso, costituiscono la categoria alimentare “Cereali, loro derivati e tuberi”. In quanto fonte di carboidrati complessi, questo gruppo è alla base di un’alimentazione bilanciata, come dimostra la rappresentazione grafica (piramide) della dieta mediterranea. In dettaglio, le raccomandazioni della Società Italiana di Nutrizione Umana suggeriscono il consumo, una volta al giorno, di una porzione da 80 grammi di pasta (100 per la pasta all’uovo fresca) o di riso. Nell’alimentazione degli adolescenti maschi, o di maschi adulti non sedentari, in cui l’apporto calorico può raggiungere le 2.600 chilocalorie, le porzioni quotidiane possono diventare due. Alla luce delle sue molteplici proprietà (energetiche, sazianti, economiche), la pasta ha un ruolo di primo piano anche nella dieta dei più piccoli.
Come condire la pasta?
La pasta, come ormai molti sanno, si inserisce tra gli alimenti con un indice glicemico medio-basso rispetto al riso, alle patate e al pane. La risposta glicemica postprandiale – vale a dire l’andamento dei livelli di glucosio rilevabili nel sangue dopo l’assunzione di un qualunque alimento contenente carboidrati – rientra tra i fattori da tenere sotto controllo per ridurre il rischio di alcune malattie. Prima tra tutte: il diabete di tipo 2. Infine, considerando il ruolo della pasta completa di condimento all’interno della programmazione dietetica settimanale, bisogna valutare non solo il profilo nutrizionale ed energetico del piatto, ma anche il suo impatto sulla risposta glicemica postprandiale. Per quel che riguarda questo secondo aspetto, tutti i condimenti che apportano lipidi, anche i più semplici, riducono ulteriormente la risposta glicemica postprandiale indotta dalla pasta (lo stesso accade anche con gli altri amidacei, come riso e patate). Ciò premesso, un condimento semplice (a base di olio, pomodoro e parmigiano o di verdure) è meno calorico di una ricetta che preveda ragù di carne, o di una a base di pasta fresca elaborata (come le lasagne) o ripiena (tortelli), che richiedono condimenti ricchi di grassi saturi.
Pasta: anche la cottura fa la differenza
La pasta deve essere cotta al punto giusto: né troppo cruda né troppo cotta. Nel primo caso, il rischio è quello che la parte più interna risulti più difficile da digerire da parte degli enzimi digestivi. Se è cotta troppo a lungo, invece, può diventare tenera e scivolosa. Al punto che, passando troppo rapidamente dallo stomaco, potrebbe non essere digerita in maniera adeguata e rimanere dunque indigesta. L’acqua assorbita concorre ad aumentare il peso della pasta. Ecco perché quando si raccomanda di buttare 80-90 grammi di pasta si pensa in realtà a un piatto che avrà un peso complessivo uguale o superiore a 200 grammi. La cottura della pasta ha un impatto anche sull’indice glicemico, che risulta più basso se al dente e migliora se la pasta viene consumata fredda (come spesso facciamo d’estate).
Meglio evitare le diete «Low Carb»
Dopo la lettura di questo post, spero che sia più chiaro a tutti perché la pasta ha un ruolo fondamentale nella nostra dieta. È fonte di carboidrati complessi, che dovrebbero essere prevalenti rispetto agli zuccheri semplici (saccarosio, fruttosio, lattosio). È energia per il nostro organismo. E non è nemica della linea. Quest’ultimo punto è cruciale per spiegare perché le cosiddette diete «Low Carb» non siano mai da seguire per periodi lunghi. Riducendo per molto tempo l’apporto di questo macronutriente, sul piano della linea si rischia di innescare l’«effetto yo-yo»: tanto velocemente i chili vanno via all’inizio e con altrettanta facilità possono ritornare nel medio e lungo periodo. A ciò occorre aggiungere che le diete a basso contenuto di carboidrati, se estremizzate, possono aumentare il rischio cardiovascolare, di insorgenza di alcuni tumori e arrecare danni al fegato e ai reni.
Per saperne di più:
La pasta: salute e tradizione si incontrano, Fondazione Umberto Veronesi
Livelli Essenziali di Assunzione dei Nutrienti, Società Italiana di Nutrizione Umana